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Fredrik Wretman

Minitrans

30 ottobre 2003 – 23 novembre 2003

INAUGURAZIONE GIOVEDI’ 30 OTTOBRE 2003 ORE 18
La mostra è a cura di Lorella Scacco e Jan Åman. Il catalogo sarà disponibile in galleria.

Fredrik Wretman nasce nel 1953 a Stoccolma, dove vive e lavora. Ha un atelier e collabora con una fonderia per le sue sculture a Bangkok. Diplomato alla Konsthögskolan di Stoccolma nel 1985, inizia la sua attività come pittore. La graduale presa di coscienza dell’impatto dei fattori sociali e culturali gli fa preferire alla pittura le installazioni. Il contatto con il pubblico e lo scontro con il mercato (che assoggettando l’arte alle proprie esigenze di vendita la trasforma di fatto in uno strumento di potere) convincono Wretman ad abbandonare la pittura: tale abbandono non ha carattere di ribellione ma è sovversivo, poiché nasce dalla necessità di superare il concetto tradizionale di oggetto unico creato da un artista unico. Un’immagine, un’opera d’arte, non è mai un prodotto “pulito”: la sua superficie è sempre corrotta: è uno specchio increspato dallo sguardo dell’osservatore che vi riflette i propri riferimenti socio-culturali. Dunque l’artista secondo Wretman è chiamato a una forma di azione: tramite l’installazione è possibile coinvolgere l’osservatore e renderlo partecipe del momento più sacro dell’arte: lo smantellamento e il rovesciamento di morse culturali, a favore del discernimento da parte dell’osservatore della luce che si trova in un piano altro, in un al di là, anche se tale dimensione “altra” dovesse risultare una pura e semplice illusione. La particolare attenzione data al tema del doppio e dello sdoppiamento – di dimensioni, di realtà, culmina nel 1984 nella prima di una serie di installazioni che hanno come tema centrale il riflesso e come mezzo d’elezione l’acqua: allagando interi piani di musei, Wretman costringe l’osservatore a riflettersi nello specchio d’acqua ma anche a riflettere su se stesso. Dunque le installazioni non hanno a che fare solo con lo spazio esteriore, ma anche con lo spazio interiore – non tanto o non solamente dell’artista, quanto dell’osservatore. L’opera d’arte è pertanto una macchina che produce l’energia necessaria a far sì che l’osservatore percepisca non il significato standard, ovvero quello comunemente accettato e tramandato, “normalizzato”, dalla cultura di appartenenza, ma attinga un senso più personale e profondo, partecipando attivamente all’opera.

“Minitrans”, il titolo dell’installazione presentata nello spazio della “White Box”, può essere scomposto in tre termini: “min”, mio; “i”, in; “trans”, trance. Ossia “[ciò che è] mio in trance”. Cos’è “mio”? A questa domanda l’osservatore è chiamato a rispondere singolarmente, ancora una volta reso partecipe dall’installazione di Wretman. Ognuno è invitato a calarsi nella propria profondità. A questo allude la figura di un uomo assorto in meditazione, la cui postura esteriore ricorda quella di un buddha. I tratti del suo volto sono quelli dell’artista, non perché Wretman si reputi “Buddha”, ma piuttosto perché egli tende a risvegliare, nello stato di coscienza alterato proprio della trance, ciò che giace all’interno, in profondità.

Una prima serie di “buddha” fu colata a grandezza naturale a immagine dell’artista.
Questa, presente nella “White Box”, è la seconda serie di sculture, sempre su ritratto dell’artista ma eseguite su scala ridotta. Wretman inviò una ventina di fotografie a uno scultore di Pechino che successivamente eseguì dalle foto un modello di cera.

I cosiddetti “buddha” di “Minitrans” sono figure flessibili, in poliuretano, e possono pertanto essere trattati in molti modi diversi. Comunque li si tocchi, stringa o sposti, restano se stessi, tornando sempre alla posizione iniziale. Ogni “buddha” è una spugna che assorbe e contiene tutto ma non si lascia coinvolgere, mantenendosi distaccato, “intatto”, raccolto al proprio interno.

La mostra prosegue fino al 23 Novembre

Invito

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