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Giacinto Cerone

Una nota che non c’è

16 Ottobre 2019 – 29 Novembre 2019

De Crescenzo & Viesti in collaborazione con Montrasio Arte (Monza e Milano) è lieta di annunciare Giacinto Cerone. Una nota che non c’è. Introduce la mostra Lisa Hockemeyer.

In mostra una selezione di sculture in ceramica realizzate da Giacinto Cerone (Melfi 1957 – Roma 2004). Il percorso espositivo si snoda attraverso una quindicina di opere monocrome datate dal 1993 al 2004 che documentano l’ultimo decennio creativo dell’artista. Tra queste alcune ceramiche nere di imponenti dimensioni ed altre che presentano l’icona degli elefanti; elemento ricorrente nella poetica dell’artista.

I lavori di Giacinto Cerone (Melfi 1957 – Roma 2004) portano i segni di un’inquietudine profonda. Cerone aggredisce la materia, con gesti rapidi e incisivi. Tagli, torsioni, lacerazioni diventano la sintesi formale della prorompente composizione plastica dello scultore.
Seppure Cerone abbia utilizzato in modo profondo e appassionato diversi materiali (legno, metallo, gesso, plexiglas, vetroresina, moplen, ceramica, marmo, pietra), è ovviamente la ceramica (e in buona parte il gesso) quello che ci trasmette in modo forse più diretto e letterale l’impronta della sua fisicità e della sua gestualità: il nucleo materico di partenza è infatti in questo caso una massa morbida, imprimibile e malleabile di creta che l’artista piegava direttamente con le mani, bucava con le dita, graffiava con le unghie, violentava con i gomiti, rompeva con i pugni o con i piedi, prendeva a bastonate.
I blocchi geometrici e, appunto, vuoti, di terra cruda, che gli venivano preparati a partire dal 1993 e fino sua alla morte da Davide Servadei presso la Bottega Gatti di Faenza (nel 1991 Cerone aveva già realizzato numerose ceramiche ad Albisola presso le Ceramiche San Giorgio con Salino e Poggi e poche altre nel 1987), li sottoponeva a torsioni, rotture, squarci, fino a batterli violentemente con un tubo se il suo corpo non riusciva a farli esplodere di rabbia e disperazione, estasi e vita. Il modo di lavorare l’argilla per Cerone è stato sintomatico nel senso del sintomo in psicanalisi, secondo cioè rimossi e ritorni, sepolture ed emersioni in cui eventi dell’oggi risvegliano e risignificano traumi di ieri. Nel suo caso possiamo parlare non tanto né in modo autobiografico di scultura come trauma, ferita o lacerazione, ma del trauma della scultura, proiettando e trasformando nei processi stessi del farla (nel modo tipico di Cerone) qualsiasi originaria contesa con la materia o qualsivoglia attività esistenziale…
Un catalogo bilingue (italiano • inglese), edito da Silvana Editoriale nel 2017 in collaborazione con l’Archivio Giacinto Cerone (Roma) e Montrasio Arte (Monza e Milano), accompagna l’esposizione. Un ampio apparato fotografico e documentario completa l’edizione.

Biografia

Giacinto Cerone nasce a Melfi nel 1957 e muore prematuramente a Roma nel 2004. Le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche: Galleria d’Arte Moderna Aroldo Bonzagni, Cento; Banca Nazionale del Lavoro, Roma; Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma; Galleria d’Arte Moderna, Torino; Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza; Inpdap sede di Bruxelles; Unicredit, Torino; MUSMA, Matera; MACRO, Roma.

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